Chi si fida e non vince è perduto come la verità

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di Guido Di Stefano

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   Già, come la verità che tutti predicano (o strombazzano) ma ben pochi praticano: in miliardi ne cantano le lodi  ma ben pochi le sono amici: tanto vale nel macrocosmo mondiale, quanto nel microcosmo isolano.

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    A volte viene semplicemente cancellata eliminando testimoni e testimonianze; altre volte , tolti i diretti testimoni, le testimonianze (alias documenti, alias prove) vengono secretate e gelosamente custodite quali possibili armi di ricatto e potere per il futuro.

    Quando però il futuro si allontana troppo anche i documenti degradano a semplici curiosità che non rendono la vita e gli onori alle vittime e non comminano il giusto fio ai colpevoli.

    Già, si dice sempre che la verità prima o poi trionfa; ma non sarà che per lo più esalta il trionfo degli “infami”? Prendiamo alcuni esempi: la bolla “assolutoria” dei Templari uscita dagli archivi segreti sette secoli dopo la loro criminalizzazione e “cancellazione”; le “scuse” a Galileo Galilei; i rimpianti per Giordano Bruno: a noi sembrano manifestazioni di ipocrisia più che trionfo della verità atteso che gli eredi  ed emuli delle passate non nobili usanze continuano a percorrere gli stessi contorti e diabolici sentieri, con nuovi metodi e nuovi giri di parole.

     Girovaghiamo a caso nel tempo e nello spazio del nostro macrocosmo terreno. Ai nostri tempi assistiamo di continuo alla “prematura” fine, politica e/o anche fisica, di troppi personaggi che, in certo senso, si sono fidati dei più alti valori culturali occedentali, vere conquiste epocali, e dei loro “immaginari” riflessi nella vita mondiale: democrazia, libertà, società, leggi, trattati, sovranità, regolamenti, solidarietà, lealtà, sacralità degli impegni, rispetto, pace…

    Si sono fidati al punto da affidare le loro esistenze allo spirito di tutte le enunciazioni europee. E non hanno approfondito le violazioni (per quanto poco documentate e divulgate dai regimi) compiute nel nome dei principi violati (iniziando dai tempi repubblicani greci e romani), con i liberi applicatori (alias violatori) consacrati dai loro stessi regimi come salvatori della pace (cos’è qualche guerricciola collaterale?), della patria, della democrazia. E, peggio ancora, non hanno forse considerato che nel libero occidente i potentati economico-finanziarie e politico-culturali si sono resi sempre più liberi da ogni regola democratica per imporre “sic et simpliciter” il loro libero arbitrio, a scapito della libertà e della sovranità altrui (dei popoli).

   Così li abbiamo visti sparire dalle scene locali e mondiale senza  sosta a volte cadaveri eccellenti: Allende, Saddam Hussein, Gheddafi e altri; e con i precedenti quelli semplicemente defenestrati e imprigionati. Basta poco per perdersi: fidarsi dei potenti occidentali al punto di renderli partecipi (volenti o nolenti) di ogni recondito pensiero e non avere la possibilità di difendersi dai proditori colpi bassi (anche sanguinosi) degli aspiranti “padroni e signori del nuovo ordine”.

     Il progetto è vecchio: sembra proprio che gli aspiranti “signori” operarono alacremente nella seconda guerra mondiale. Si dicono tante cose su quel periodo: forse sono fondate o forse infondate  e forse altre non possono emergere.

I colpevoli dei crimini hanno pagato: ma proprio tutti? Non sarà che i segreti di stato già da prima coprivano gli istigatori-suggeritori e complici (più o meno lontani e sicuri) delle atrocità? Chissà!?

    Misteri che si aggiungono ai misteri, soprattutto nell’anno 1945:

28 aprile – morte di Mussolini;

02 maggio – conquista di Berlino da parte dei Russi (“affrettata” per deciso imperio di Stalin);

17 giugno – uccisione di Antonio Canepa, guerriero di Sicilia, sottodimensionata e andata incidentalmente carbonizzata negli archivi inglesi con altri documenti;

settembre  – gita pittorica di Churchill sul lago di Como, con colori e attrezzature italiani, integrati  (si dice) da colori e cassetta svizzera, capace di contenere una valigetta  (o borsa) di carteggi incomodi;

e non possiamo approfondire sulle “mormorate” migliaia di telefonate durante tutto il conflitto tra Roma e Londra, di cui parlano gli incorreggibili dietrologi e della  cui “testimonianza” nascosta  non nei palazzi del potere italico ma a poca distanza da essi  sussurrano certuni, sempre loro i dietrologi.

      E i misteri, si sa, generano miti e leggende ma non rendono mai giustizia e riscatto.

      Rifugiamoci ora nel microcosmo. Visse a Randazzo un frate cappuccino, padre Luigi Magro, cfhe in un impeto di amore per la sua terra e la sua Sicilia provò a tramandare ai posteri i frutti del suo intelletto e stilò all’uopo un pregevole dattiloscritto, datato 1946. L’opera non risulta pubblicata. Perchè mancava  l’imprimatur ecclesiastico? Perchè mancavano i fondi? Perché qualcuno promise il suo interessamento (in entrambi i sensi) e non mantenne la promessa? Riteniamo probabile che padre Luigi si “affidò” fiducioso all’interessamento di qualcuno, ma morì nel 1951 senza vedere coronato il suo sogno:  vedere pubblicata e divulgata quella “verità” da lui inseguita.

     E’ certo il fatto che il suo “lavoro” è stato salvato grazie alla dedizione e all’intelligente serietà di un giovane (in collaborazione con altri giovani) che lo ha tratto in salvo da un cumulo di cianfrusaglie (più che  caotico carteggio) in cui era stato buttato e ha consentito il recupero delle memorie in esso riportate.

    In base a quel poco che abbiamo  letto siamo convinti che merita un accurato esame che sia propedeutico  a una accurata rivisitazione di  qualche “luogo” comune (stereotipo?) relativo alla città di Randazzo e, “partim”, alle obliate vicende  dei  popoli Siculi, vittime delle antiche esportazioni (armate) di civiltà. Abbiamo volato nello spazio e nel tempo, ripensando anche a quei miti dei tempi che furono e che nessuno (salvo qualche siculo doc) ha osato sfiorare (figuriamoci approfondire!).

    Con gli occhi e il cuore volti alla meravigliosa Sicilia chiudiamo con una “catena” di aforismi di sicula fattura:, qualche volta già citati:

  • la verità non esiste” (Gorgia da Lentini);
  • “e se esistesse non la capiremmo” (Leonardo Sciascia);
  • “e se la capissimo non riusciremmo a comunicarla agli altri” ;
  • “e se riuscissimo a comunicarla gli altri non ci crederebbero”:

quindi ritorniamo a Gorgia da Lentini.

Coraggio si tratta a volte di aspettare secoli o millenni e poi si fa strada la verità, magari sotto forma di miti e leggende; a meno che si è tra i vincitori che dettano la loro verità non vera!

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